BEPPE DOMENICI – Painter and Sculptor

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Critics

Text in Italian.

Dino Villani, 1973-1974
Beppe Domenici interprete della gente e del paesaggio apuano
Anche gli sprovveduti e i più sordi stanno rendendosi conto che, nei rapporti tra l’Uomo e la Natura,
c’è qualche cosa che non funziona, e minaccia di rompere quell’equilibrio che fino a poco tempo fa sembrava si fosse stabilito. L’Uomo, nella sua bramosia di ottenere specialmente il superfluo, ha ritenuto suo diritto di approfittare, in tutti i modi, di quello che sembrava essere a sua libera disposizione, ma ne ha abusato ed ore sta accorgendosi di avere esagerato e che le cose se le trova contro.
Ritorneremo forse a riacquistar coscienza delle nostre dimensioni che dobbiamo rispettare nei confronti del mondo in cui viviamo e della posizione che abbiamo nel complesso dell’ambiente che alimenta le nostre attività. Beppe Domenici, favorito forse anche dalla possibilità di ambientare le sue scene, in un paesaggio: quello delle Apuane, dove la Natura assume aspetti monumentali, con un sapore anche leggermente drammatico.
Non è che trascuri di rilevare i caratteri sereni del paesaggio che pure ha intorno, nella costa dorata della Versilia: anzi, gli conosciamo certe visioni riposanti dai toni musicali, anche quando, lontano, sui cieli, si profilano fumanti ciminiere e metallici tralicci. Specialmente in questi ultimi tempi, dopo aver trattato separatamente ed attentamente studiato figure di lavoratori e di gente comune del popolo ( non soltanto della sua terra ma anche di altri Paesi ove è andato a operare) egli ora predilige ambientare le sue scene di lavoro e di riposo nel paesaggio delle sue montagne, cercando, pur senza comprimere le figure dei protagonisti, di farli sentire per quel che sono, veramente nei confronti di quello che hanno in torno. E, qualche volta, riesce a rendere non soltanto ben realistiche, ma perfino simboliche, le immagini, facendo spiccare la piccola figura dell’ uomo al lavoro o che sosta, la donna che va col suo fardello sul capo, sullo sfondo del cielo profondo o della parete immensa di una montagna ferita. Stabilisce, con un piccolo espediente compositivo ed un gioco prospettico spesso abile ed intelligente, quelle proporzioni e quei rapporti che non si dovrebbero dimenticare.
Sembra che Domenici tenda a stabilire soltanto delle proporzioni, ma forze il discorso è più ampio perchè riesce a far sentire che, nella serenità della scena, c’è intorno un atmosfera di incoraggiante, feconda collaborazione. Non manca anche qualche tocco di tenerezza quando, per esempio, mette in primo piano una coppia di bianchi conigli che sembrano brucar un ‘erba tanto verde da lasciar pensare stia visibilmente crescendo sotto allo sguardo di chi si soffermi per un momento a pensare.
Questa sua pittura, che ha anche un contenuto simbolico, come vediamo, Domenici la conduce mostrando una solida preparazione ed un severo esercizio svolto in vari sensi per arrivare ad essere, com’è, padrone dei suoi mezzi. Se nel taglio dell’ immagine, sempre corretta, si può sentire a volte una lieve influenza di Viani ( che egli aveva eletto a suo Maestro spirituale), nel colore c’è spesso una freschezza che è tutta personale, carica di energie vitali; un timbro che lascia comprendere a volte l’esperienza del ceramista che è stato ad Albisola,. La tavolozza varia e pulita, che sembra ricavare dalla terra gli umori e dal cielo la luce viva del sole, è robusta e si sostiene bene anche senza bisogno di appoggiarsi al segno, quasi completamente assente.
Domenici costruisce le immagini con un tessuto cromatico vibrante, che le fa sentire cariche di energia, come lascia pensar di racchiudere energia compressa ed in parte sconosciuta tutto che c’è intorno anche se, apparentemente, mostra soltanto di dichiarare la sua imponenza ammonitrice.
Giornalista e Critico Dino Villani 1973-1974
LOMBARDIA NOTTE -Milano
Artisti Comtemporanei in Italia e mostre d’arte 1973-1974 a Milano

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Prof. Luigi Servolini
Da “Echi d’Italia”, 1966
Per un ritorno – che vuol esser foriero di affermazioni e di soddisfazioni- alla pittura, sua passione prima, il viareggino Beppe Domenici ha raccolto antiche e nuove opere, che presenta per la prima volta insieme, risvegliando la eco dei consensi avuti a suo tempo in parecchie collettive nazionali. Saggi della prima maniera (1940- 53), riconoscibili per gli effetti pacati e fusi, e lavori della nuova recentissima, di vivace e quasi incontenibile policromia e di marcata angolosità, chiudono nel mezzo – e se ne possono vedere alcune utili testimonianze in questa mostra all’ “Athena” di Livorno – una dedizione alla ceramica, fattasi imperativa ed orientatasi verso forme artigianali, quindi conclusasi con la fondazione di una vera e propria bottega: la “ Ceramica Viareggio”.
Domenici ha compiuto gli studi artistici in Lucca, continuandoli per l’architettura a Firenze: sino a quando non lo soggiogò anche per necessità economiche, la ceramica, con l’attivo un perfezionamento nei laboratori di Albisola ed il conseguimento di vari premi nazionali. Oggi il pittore ritorna all’ ovile: la vera e grande passione per la tavolozza lo ha ripreso. Come la prima produzione, a chi sappia ben guardarla, preannunciava, con le asperità del disegno, con l’ impostazione architettonica delle figure, col duro e largo contorno e con la stesura di tinte per campi, il futuro ceramista, così i dipinti attuali del gusto dell’arte figula risente, non libero ancora infatti dell’ aggressività cromatica, della schematicità disegnativa, dall’ impronta generale del maiolicaro, che modella e tinge a suo modo. Ma la carica di emozione, di sentimento, di applicazione di Beppe Domenici è grande: e, in equilibrio sempre maggiore, rapporti di piani e di volumi, di colore e di chiaroscuro, conferiranno alle creazioni compositive ( paesaggi, marine, figure, nature morte) ed alla loro realizzazione pittorica l’interesse vitale, che è alla base
dell’ odierna ricerca di questo viareggino industrioso, fattosi – per amore e per rispetto dell ‘arte – solitario e parte per se stesso.
Prof. Luigi Servolini
direttore del Dizionario illustrato Comanducci ; rivista Echi d’ Italia
giornalista e critico su “Il Telegrafo” negli anni 70

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Dott. Tommaso Paloscia, 1970
La pittura di Beppe Domenici affonda le radici in quella di Viani, così come è accaduto per molti dei suoi colleghi viareggini; con la differenza che, pur essendo ne venuta fuori la ricerca autonoma, l’arte di Beppe non ha inteso tradire la lezione meravigliosa rimasta come traccia nel segno che incide i volti degli uomini e dei paesaggi. La sua strada l’ha cercata nel colore, quel colore che ogni tanto avvampa furioso e che poi, all’ improvviso, come pentimenti inconsci, ripiega su stesure monocromatiche a giocare con i toni. Allora il mare della Versilia, che fa capolino in cima ad una spiaggia immensamente profonda e marcata da qualche straccale, si fa scuro e compatto a contrastare la luce intrisa nella sabbia; oppure un picco delle Apuane ingrigisce come punteruolo per forare il cielo-padrone che tutto contempla e sorveglia.
Beppe è ritrattista nato e mi par di ricordare certe teste saldamente proposte con quel segno che nulla concede al piacevole o al grazioso: ritratti del dopoguerra, amici e personaggi tipici della Versilia che il sole e il mare avevano scavato come fanno i corsi d’acqua tra le rocce. Erano ritratti bellissimi in una serie di cui resta qualche esmplare, come questa “ donna del Maffei” con le braccia lunghe dalle mani annodate sul grembo come a distanziare il volto che spicca sulle terre calde di un abito senza fronzoli; un ricordo del’47 messo qui a testimoniare della serietà della ricerca. E poi ci sono le darsene che si espongono alle esercitazioni di tutti i pittori nati o vissuti a Viareggio: barche di ogni dimensione e tipo, soprattutto i colori che urlano in gamme di rossi vivi o di blu inquietanti a sostenere il ritmo di una pennellata veloce ma sicura e lungamente pensata. A riproporre storie antiche e sempre nuove di cui è intessuta la vita della darsena, dei pescherecci, dei pescatori.
Domenici non ha viaggiato soltanto col pensiero oltre i confini di quel suo mare splendido dall’ orizzonte immutabile, o di quelle montagne dai picchi minacciosamente incantevoli delle Apuane: è stato in America, ha girato gli Stati Uniti e si è addentrato tra le visioni stupende del Sud-America, nel Venezuela e nel Brasile, ovunque cercando riscontri alla propria fantasia di ragazzo inquieto. Perchè tale è rimasto anche oggi inquieto e saggio insieme, soprattutto ragazzo curioso e disposto all’ avventura.
Giornalista e critico d’arte : La Nazione,Nazione Sera, Arte In, Gazzetta delle Arti.
Tommaso Paloscia 1973

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Mario Ulivi,
Austero vitale simbolismo di Beppe Domenici pittore versiliese, 1974
Perfettamente calato nell’ ambiente natio delle Apuane, Beppe Doemnici ne interpreta la grandiosità
e i valori umani che vi si alternano in vicende tristi e liete, con discorso essenziale e istintivo senso filosofico, i suoi personaggi su piano vitale simbolismo universale. La tecnica è caratterizzata da pennellata asciutta e corposa, a volte con effetti cartellonistici, con efficaci sintesi costruttive in sintonia con l’animo semplice e senza fronzoli dei protagonisti, dei loro sentimenti e problemi del vivere faticoso all’ aria aperta, esposti alle intemperie, al bruciante estivo e ai pericoli, talvolta mortali. Il linguaggio è liricamente austero e assume severo tono biblico nell ‘esprimere con evidenza quasi plastica l’ onesta convivenza familiare, il delicato pudore nella rustica veste esteriore di pensieri sottintesi, le dure esigenze del lavoro in montagna, nei campi e nelle cave di marmo, sul mare e in darsena, sul ritmo lineare e perenne degli eventi naturali e cosmici.
Domenici, agguerrito tecnicamente attraverso compisite esperienze come ceramista,scultore,sceneggiatore, con piglio sicuro e calibrate inquadrature ci dà pittoricamente, con immediatezza, la sua personalità attingendo di prima mano al contenuto emotivo della sua anima sensibile nel cogliere lo spirito sano della vita di tutti i giorni, senza processi degenerativi, morbose compiacenze o ricerche di raffinate astrazioni, con sereno ottimismo.
E’ l’efficace interprete del mondo del lavoro operaio, perchè lui, artista, non si è mai chiuso nella torre d’avorio dell’ individualismo, ma si sente uno del popolo col quale fraternizza ed esprime coralmente nella problematica d’ogni giorno. Lavoro, riposo,famiglie,lutti e castamente l’amore responsabile sentimento di convivenza e di protezione per i figli. Sono questi personaggi domenichiani che potranno salvare l’umanità impazzita nel pericoloso gioco della viloenza, della sopraffazione, delle lotte di potere, perchè ci riconducono alla decongestione del nevrotico ritmo consumistico e alla purificazione dell’ atmosfera inquinata dai miasmi dell’esasperata meccanizzazione con tonificante limpidezza montana e marina.
L’ artista ha soggiornato in vari continenti, per ragioni di studio e di lavoro, unificando idealmente problemi e aspirazioni dei lavoratori con senso di umana solidarietà, senza barriere linguistiche, sensibilizzando un’ armoniosa produzione pittorica. Profondo conoscitore del mestiere, che riassume nella stilistica la trasparenza timbrica del ceramista, la pennellata corposa e sintetica dello sceneggiatore, la plastica modellazione dello scultore, la nativa sensibilità cromatica e il rero senso proporzionale e prospettico del pittore di razza. Domenici ricava la sua tavolozza dalla limpida purezza e dal turgore del meraviglioso ambiente in cui vive e respira.
Alcune citazioni: “Figure Umane” domina al centro quella robusta dell’ operaio, marmista o taglialegna, dal viso aperto e cordiale, cotto dal sole e solcato dall’aspra fatica quotidiana, lo sguardo affettuosamente assorto alle raccomandazioni del padre, con la barba bianca, chelo consiglia nell’affrontare i pericoli, dando forza alle esortazioni con la mano nodosa, mentre dall’altro lato una dolce figura femminile, dal profilo fanciullesco, sposa o sorella, lo guarda silenziosa gli porge l’involto con la colazione, accuratamente annodato. Sullo sfondo le vette aguzze e gli strapiombi delle Apuane che incorniciano con severo monito la patetica scena familiare e caratterizzano l’ambiente suggestivo. – “Pane apuano” dal sapore casalingo. Rientra nella simbologia di Domenici, che esalta il profumo della semplicità di rapporti e di sentimenti, che stanno alla base della vita e che conferisce un ampio respiro alle opere di questa nostra epoca inquinata e cinicamente commercializzata. E’ proprio questo discorso lindo, pulito e lineare che ci concilia con noi stessi, perchè ci riporta agli elementi essenziali e alle componenti basilari della convivenza, alla poesia primordiale con intatta, nativa purezza.
Giornalista Critico Mario Ulivi _ Roma 1974
Il Corriere di Roma

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Aurelio Ragionieri,
Un affettuoso racconto di Beppe Domenici 1974
Nemmeno una gobba di collina nei paesaggi di Beppe Domenici: le cime appuntite o nettamente squadrate delle Apuane tagliano sempre tutti gli orizzonti del pittore viareggino. E’ questo il primo senso di un racconto affettuoso e rude che l’artista versiliese conduce con estrema sobrietà anche il colore,parlando della sua terra.
Poi c’è Viareggio, una città sempre invernale e perciò una città sconosciuta alle folle balneari che si portano via, a settembre, immagini festose e solari, oppure in Carnevale, quelle un po’ matte dei corsi mascherati. Beppe Domenici, che vive in una casetta in Darsena, in via dei pescatori, ignora la Viareggio del sole e della festa. La sua è una Viareggio spopolata e fredda dove tutti si conoscono e dove moltissimi guardano alle cave come al luogo di un durissimo lavoro. Solo per Carnevale Domenici abbandona i pennelli e lo scalpello (egli è anche un valido scultore) e si mette addosso la veste del Mago per lavorare intorno ai carri.
Ne inventa di bellissimi ma è una breve parentesi : l’amore per il grande Viani, suo amico e maestro, lo richiama davanti al cavalletto e Viareggio torna a mostrare il volto segreto dell’ inverno.
Alla fiorentina galleria Guelfa è aperta in questi giorni una mostra di quadri di Domenici.
Ritratti di minatori, strade viareggine solitarie, perfino la spiaggia coperta di neve con una desolata barca imbiancata. I volti degli operai sono seri, forti, dolorosi così come anche Viani li vide; le trame dritte delle cave sono tracciate in primo piano e il colore è metalloso, spesso aspro, sempre molto bello. Una mostra che è una specie di vacanza in riva a un mare proibito.
Aurelio Ragionieri giornalista e critico per La Nazione a Firenze 1974 ,e per rivista Il mondo dell’ Arte 1974

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Romano Battaglia, 1973
Beppe Domenici abita in mezzo alla darsena fra le navi in costruzione, rumori assordanti e odore di mare.
La sua casa è un cantiere con barche dappertutto: nello studio, nel soggiorno, in camera, nei sogni. Sopratutto nei sogni nei quali la moglie è esperta. Sogni di montagne azzurre dove uomini forti si muovono nel paesaggio scheletrico come aquile; sogni di marine deserte dove una conchiglia antica sulla sabbia è la misura del tempo e dello spazio.
La pittura di Beppe Domenici è fatta delle buone cose della terra, dei buoni sentimenti della gente di mare, dei ricordi rimasti in maglie di reti come fantastici pesci dalle squame d’oro. Una pittura, quella di Domenici, fatta di ricordi di viaggi, di solitudine, di malinconia, di tristezza. Una tristezza che nasce dal desiderio infinito di essere poeta.
Giornalista RAI
Romano Battaglia 1973

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Luciano Marcucci
Da LA NAZIONE, 1969
…Il colore si inserisce con modulazioni efficaci nei vari lavori impostati e risolti in modo sicuro, realizzati come sono, di getto, e quindi spontanei. Beppe Domenici si avvale oltre chè di una intelligente tavolozza, di una pennellata nutrita e sicura. Una pittura corretta e onesta, caratterizzata da uno schietto sentimento e da attento spirito di osservazione.
Giornalista e critico d’arte Luciano Marcucci 1969
La Nazione, La Zattera